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Gino Giugni, quel socialista per bene che le riforme le faceva davvero!!!
Di Admin (del 06/10/2009 @ 14:19:47, in MioBlog, cliccato 1752 volte)

Giugni, quel socialista per bene
che le riforme le faceva davvero



Gino Giugni è stato l'uomo delle riforme nel lavoro e delle relazioni industriali che hanno segnato gli ultimi quarant'anni. Un "riformatore" più che un "riformista", come ha scritto Aris Accornero. Distinzione non lessicale bensì politica di fronte ai tanti autoproclamatisi riformisti impegnati a smontare le riforme piuttosto che a realizzarle.

E' stato il "padre" dello Statuto dei lavoratori, per quanto abbia sempre rifuggito questo appellativo attribuendone il merito ai ministri Giacomo Brodolini (socialista), prima, e Carlo Donat Cattin (democristiano), dopo. E ancor prima, da raffinato giurista, ha dato dignità e autonomia al diritto sindacale con un saggio ("Introduzione allo studio dell'autonomia collettiva") divenuto un caposaldo per gli studiosi del settore. Ha riformato le liquidazioni degli italiani, "inventando" il Tfr (il trattamento di fine rapporto) e introducendo una sorta di contributivo ante litteram; poi, insieme a Carlo Azeglio Ciampi, ha scritto la "costituzione" delle relazioni sindacali con il Protocollo del luglio 1993. Nell'83 venne gambizzato dalle Brigate Rosse. E' stato senatore, ministro del Lavoro e nel '92 candidato del Psi alla presidenza della Repubblica: la strage di Capaci, con l'uccisione di Giovanni Falcone e della sua scorta, accelerò la votazione a favore di Oscar Luigi Scalfaro. Nel dopo Craxi ha presieduto un Psi ormai moribondo e travolto dalla questione morale.

Nato a Genova nel 1927, Giugni si iscrisse al Partito socialista nel 1945. Non partecipò in maniera attiva, anche perché giovanissimo alla Resistenza. Ma è stato un suo cruccio: "Mi sono sempre rammaricato di non averne fatto parte". Laureatosi in giurisprudenza con una tesi sul diritto di sciopero (relatore Giuliano Vassalli), completò i suoi studi negli Stati Uniti. Di ritorno in Italia un impiego (poco amato) all'Eni, quindi l'inizio della carriera universitaria e di una collaborazione feconda con il gruppo del Mulino e con Repubblica.

Lo Statuto dei lavoratori fece entrare - come si disse - la Costituzione nelle fabbriche dei nuovi operai protagonisti dell'autunno caldo. Giugni presiedette la Commissione istituita da Brodolini per redigere la legge: "Fu - ha sostenuto - un momento eccezionale, forse unico nella storia del diritto in Italia: era la prima volta che i giuristi non si limitavano a svolgere il loro ufficio di "segretari del Principe", da tecnici al servizio dell'istituzione, ma riuscivano a operare come autentici specialisti della razionalizzazione sociale, elaborando una proposta politica del diritto". Lo Statuto ha cambiato l'Italia, aggiornato i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro, valorizzato il ruolo dei sindacati. E, nonostante vari tentativi, resiste dopo quarant'anni. E' cambiato, invece, il protocollo del '93 con uno strappo sindacale e un accordo separato. Ma era stato proprio Giugni, incaricato da Romano Prodi nel '97, a suggerire la via per riscrivere le regole del gioco contrattuale.

La malattia lo ha portato lentamente fuori dalla vita politica. La conclusione della sua autobiografia ("La memoria di un riformista") esprime profonda malinconia: "Pensando al futuro, spero che il centrosinistra riesca a costruire un progetto politico riformista credibile, che possa portare davvero a una nuova stagione della politica italiana. Mi auguro, almeno, di non vedere più un partito socialista schierato con la destra".